Lo stile e l’acqua
Gelida e nuvolosa mattinata sulle coste di Long Island, 1933.
Siamo a novembre, mese non ideale per fare piacevoli nuotate al largo né per indossare costumi da bagno impalpabili (perché all’epoca c’è la mia stoffa preferita, il cotone, quello vero. Non sono ancora arrivati quei pezzi di gomma sintetici che tirano i pori con cui ancora oggi ci costringono a nuotare).
Novembre, un mese non ideale per affondare i piedi nudi dentro la sabbia croccante.
Eppure Harper Bazaar ha richiesto con urgenza degli scatti che raccontino sensazioni di quel tipo, scatti d’estate per l’imminente uscita del numero dedicato a Palm Beach.
Perché la moda non segue le stagioni ma le anticipa, le sfida.
Se andassimo in giro come ci propongono i servizi di moda, saremmo già tutti morti di tisi.
Invece ci pensa l’università.
Comincia così “Lo stile e l’acqua”, un canto d’amore alla moda, un grido d’imprecazione a Roma quando piove, uno spunto di riflessione per tutti quelli che hanno navigato nel disservizio universitario delle grandi città e non si sono fatti travolgere dall’ondata dello sfruttamento della giovane risorsa volenterosa.
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